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La Riforma del Terzo Settore

La disciplina delle organizzazioni no-profit rappresenta uno degli aspetti più problematici della legislazione civile dal momento che a partire dagli anni ’80 in questo settore convergono esigenze diverse e, non di rado, contrapposte. Il nuovo Codice del Terzo Settore (TS) relativo alla disciplina degli enti del Terzo Settore (ETS) è stato emanato con l’espressa volontà di modernizzare e semplificare la legislazione in materia di enti ‘’no profit’’, garantendo una piena autonomia e riconoscendo la centralità di tale fenomeno. La costante regressione del welfare state dovuta all’impossibilità da parte dello stato di garantire la protezione e la promozione del benessere sociale ed economico (government fail) ha obbligato il Legislatore a prevedere una disciplina favorevole alla crescita degli enti no profit. In altre parole, gli enti del Terzo Settore si stanno rapidamente sostituendo allo stato emettendo e garantendo servizi e beni di carattere generale ritenuti essenziali dai cittadini. In tale contesto, è stato introdotto il Codice del Terzo Settore attraverso il D.lgs. n. 117/2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 2 agosto del 2017. La normativa contenuta nel codice TS è applicata a tutti gli enti no profit, nel rispetto delle modalità e dei requisiti ivi stabiliti, che verranno denominati Enti del Terzo Settore (ETS) nonostante sia una terminologia detestata e contestata dagli operatori, mai ritenutisi terzi rispetto al potere economico e statale. Con riferimento all’elemento oggettivo, cioè all’individuazione degli ETS ai quali si applica, l’articolo 4 del D.lgs. n. 117/2017 menziona tutti gli enti che hanno finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, ed esercitano in via esclusiva o principale una delle attività, definite ‘’attività di interesse generale’’, elencate nel successivo articolo 5. Per garantire maggiore libertà di azione il codice prevede la possibilità di esercitare ulteriori attività a condizione che siano previste nell’atto costitutivo o nello statuto e che siano secondarie e strumentali rispetto le attività di interesse generale, denominate dall’articolo 6 ‘’altre attività’’. E’ da segnalare come il Legislatore abbia espunto dalla definizione di ETS il vecchio concetto di ‘’no profit’’, decantando l’importanza delle finalità e delle attività svolte dagli enti. In virtù delle nuove regole le attività sopra descritte possono essere svolte in forma economica e in forma non economica, alle prime è applicato un regime fiscale agevolativo, a differenza le seconde non saranno in alcun modo tassate. Agli enti è fatto divieto ripartire gli utili ottenuti nello svolgimento delle attività  di cui sopra (differentemente le ONLUS, abrogate dalla riforma, svolgono attività istituzionali obbligatoriamente non commerciali e solamente le attività connesse possono essere commerciali ma ad entrambe non è applicabile alcun regime fiscale).

Non potendo elencare tutte le novità, per le quali per ora è sufficiente rinviare al testo del codice TS, si analizzano modalità necessarie per ottenere la qualifica di ETS: affinché l’ente possa ottenere tale qualifica deve ottenere dal notaio l’accertamento positivo dei requisiti necessari, in parte sopra descritti, e procedere all’iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore secondo la procedura prevista nel codice TS. In particolare, il Registro Unico Nazionale del Terzo settore, disciplinato dagli articoli 45 al 54, legittima l’applicazione delle norme contenute nel codice del Terzo Settore, compresa la normativa di agevolazione fiscale, che dovranno attendere l’effettività di tale registro, a livello nazionale, che probabilmente avverrà solamente un anno dopo la pubblicazione nella GU del D.lgs. n. 117/2017 (articoli 100 e ss).

In ultima analisi, Il nuovo codice introduce molti argomenti di dibattito: le regioni hanno palesato la propria ostilità per gli emananti decreti (oltre al decreto oggetto del presente articolo sono stati emanati due ulteriori decreti, rispettivamente sull’impresa sociale e sul 5Xmille), a causa di un’invasione della competenza esclusiva inderogabile delle regioni, denunciano l’illegittimità costituzionale della riforma; molti esperti si domandano il perché  di un nuovo codice ‘’esterno’’, quando la legge delega richiedeva una modifica integrale del codice civile (l’unico intervento sul codice è stato l’articolo 42 bis, trasformazione, fusione e scissione, che prevede la completa liberalità nell’operare reciproche trasformazioni, fusioni e scissioni); infine, quali saranno le conseguenze della necessaria convivenza tra i ‘’vecchi’’ enti disciplinati dal codice civile e i nuovi Enti del Terzo Settore?

 

 

Antonio Scorzolini

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